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Aumenta il salario minimo a 2.000 euro

In Italia non è ancora previsto il salario minimo

Francesca Rizzi

Pubblicato il 30 novembre 2023

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 Nel diritto del lavoro il salario minimo rappresenta la più bassa remunerazione o paga oraria, giornaliera o mensile che in taluni stati i datori di lavoro devono per legge corrispondere ai propri lavoratori dipendenti ovvero impiegati e operai.

Ad oggi in Italia non è attualmente previsto il salario minimo sebbene se esista un fondamento costituzionale di una legge sul salario minimo può essere ritrovato nell’articolo 36, che sancisce il diritto del lavoratore a una retribuzione adeguata.

Se da una parte in Italia non esiste un salario minimo si rileva che in alcuni paesi questo è stato fissato per rispondere alla svalutazione degli stipendi causata dall’inflazione e raggiunge persino i 2000 euro.

All’interno di questo articolo andremo ad approfondire le tematiche connesse al salario minimo.

Salario minimo, di cosa si tratta

Stabilire il salario minimo significa fissare una retribuzione minima che il datore di lavoro è tenuto a corrispondere ai propri collaboratori per il lavoro svolto in una determinata quantità di tempo. Rappresenta una soglia retributiva che non può essere fissata a un livello inferiore rispetto a quella stabilita dai contratti collettivi o dagli accordi individuali.

Alla base dell’introduzione del salario minimo emergono degli obiettivi tra cui quello di evitare retribuzioni eccessivamente basse per i lavoratori e garantire loro un salario minimo di sussistenza, equo e proporzionale al lavoro svolto. 

Secondo tale logica lo Stato interviene nella contrattazione collettiva, limitando la libera determinazione dei salari operata dal mercato al fine di incrementare le retribuzioni di coloro che sono in fondo alla scala salariale.

Di fatto lo scopo del salario minimo è diverso da quello della contrattazione collettiva: il primo stabilisce la soglia minima di retribuzione, la seconda, di controverso, consente di fissare i salari oltre tale soglia. 

A chiarire e applicare il salario minimo possono essere la legge, un’autorità competente, un comitato o un consiglio salariale, un tribunale del lavoro oppure si può stabilire dando validità di legge alle disposizioni dei contratti collettivi.

Nel momento in cui si stabilisce un minimo salariale, è importante indicare non solo le componenti del salario rientranti nel calcolo della retribuzione minima, ma anche altri eventuali elementi del pacchetto retributivo (benefit come trasporti aziendali, buoni pasto, vitto e alloggio…) e la base di calcolo oraria o mensile del salario.

Il contesto di riferimento

Nel corso degli ultimi mesi si è spesso sentito parlare di salario minimo.

Di fatti è stata attuata una proposta, non accettata, di introduzione del salario minimo.

La proposta a firma Conte, Fratoianni, Richetti ecc. aveva lo scopo di definire  per tutti i rapporti di lavoro  il diritto a un   trattamento economico di  retribuzione proporzionata e sufficiente, che  non sia inferiore al trattamento previsto dai contratti collettivi stipulati dalle organizzazioni datoriali e sindacali comparativamente più rappresentative, valido sia 

  • · per i lavoratori subordinati, che 
  • · per i rapporti di lavoro diversi da quello subordinato che presentino analoghe necessità di tutela .

Nel contempo questa proposta aveva anche l’obiettivo di introdurre una soglia minima salariale inderogabile, pari a 9 euro all’ora.

Nonostante la proposta il Parlamento ha votato una mozione che dice “no al salario minimo”. Le motivazioni che si trovano alla base di questa decisione includono il fatto che la povertà lavorativa è influenzata da diversi fattori, come le ore di lavoro settimanali, il numero di persone nel nucleo familiare che ricevono reddito e l’intervento dello Stato nella redistribuzione. Si evidenzia anche che il tasso di copertura dei contratti collettivi nazionali supera l’80% richiesto dall’UE, e le paghe medie sono in linea con i 7,10 euro richiesti dall’UE secondo i dati dell’Istat del 2019. Infine, i contratti non regolari coinvolgono solo lo 0,4% dei dipendenti privati, escludendo agricoltura e lavoro domestico.

Guardando al comportamenti degli altri stati europei si rileva che ci sono molti Paesi che continuano a puntare con forza su questo strumento.

La definizione di un salario minimo sottende dei vantaggi seguenti all’introduzione del salario minimo. Questo strumento sottende la possibilità per lo Stato di intervenire direttamente per adeguarlo al costo della vita, così che tutti i datori di lavoro possano tempestivamente uniformarsi e riconoscere un aumento tale da contrastare la svalutazione delle retribuzioni.

Si evidenzia che nell’Unione Europea, in 21 dei 27 Stati membri è stato già introdotto il salario minimo. Oltre all’Italia, gli altri i Paesi dell’UE in cui non c’è il salario minimo sono Danimarca, Cipro, Austria, Finlandia e Svezia.

Ultimamente nel Regno Unito è stato fissato il salario minimo a 2000 euro.

La situazione italiana

Il 4 luglio 2023 è stata avanzata una proposta di legge che propone l’inserimento in Italia del minimo salariale e che avrebbe un impatto significativo sul sistema retributivo e sulle dinamiche del mercato del lavoro.

Oggi l'ordinamento italiano non prevede un livello minimo di retribuzione fissato per legge, nonostante l’articolo 36 della Costituzione garantisce al lavoratore un compenso adeguato alla sua prestazione e capace di garantire una vita libera e dignitosa per sé e per la propria famiglia. 

Si evidenzia che la proposta di legge del 4 luglio ambiva a modificare la situazione attuale per tutelare i settori più fragili e meno stipendiati, per i quali il potere di contrattazione da parte dei sindacati risulta più debole. 

Qualora la proposta fosse andata in porto ecco cosa cambierebbe: 

  • · il trattamento economico minimo orario stabilito dal CCNL non deve essere inferiore alla soglia minima di 9 euro lordi. 
  • · in caso di diversi accordi collettivi nazionali, la retribuzione deve essere proporzionata al lavoro svolto e non inferiore a quella stabilita nel contratto collettivo sottoscritto dalle associazioni più rappresentative a livello nazionale nella categoria di produzione coinvolta.
  • · in assenza di contratti collettivi nazionali nel settore, la retribuzione non può essere inferiore a quella stabilita dal CCNL che regola mansioni simili nello stesso settore.
  • · in assenza di contratti collettivi specifici nel settore, la retribuzione non può essere inferiore a quella del CCNL di un settore simile che regola mansioni equiparabili.

 

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