

Cosa succede se la festività cade di domenica?
Pagamento delle festività che cadono di domenica

Francesca Rizzi
Pubblicato il 08 gennaio 2024
Può capitare che le festività cadano in concomitanza della giornata della domenica.
In tali contesti si è portati a chiedersi come bisogna procedere dal punto di vista economico. Alcune delle domande che si è soliti porsi riguardano il diritto alla monetizzazione indennitaria e al recupero del riposo mancato.
All’interno di questo articolo andremo ad analizzare quali sono i giorni di festa nazionale e patronale, oltre a cosa dice la normativa che regolamenta le festività non godute e come interpretarle in busta paga.
Giorni festivi riconosciuti
Il primo passo per comprendere se un giorno di ferie non goduto debba essere rimborsato risulta essere rappresentato dalla comprensione di quali sono le festività riconosciute.
A tal fine si ricorda che le festività non godute si hanno quando una festività cade in coincidenza di un’altra festività e non in un giorno normalmente lavorativo.
Secondo quanto previsto dalla legislazione italiana le festività riconosciute ricorrenti sono:
- 1 gennaio. Il primo giorno dell’anno è sempre considerato festivo,
- Epifania. Il 6 gennaio,
- Lunedì dopo Pasqua che viene definito lunedì dell’Angelo,
- Giorno della Liberazione. 25 aprile,
- Festa dei lavoratori. 1° maggio,
- Festa nazionale della Repubblica. Il 2 giugno,
- Festa dell’Assunzione. Il 15 agosto,
- Ognissanti. Il 1° novembre,
- Immacolata Concezione. L’8 dicembre,
- Santo Natale. 25 dicembre,
- Santo Stefano. 26 dicembre,
La festa patronale. In questo caso dipende dal luogo in cui si lavora.
Cosa succede nel momento in cui la festività riconosciuta cade di domenica
Come ben sappiamo può capitare che ogni tanto la festività riconosciuta cade di domenica.
A tal fine è rilevante comprendere se questa giornata debba essere o meno retribuita al lavoratore dipendente.
Secondo quanto chiarito dalla normativa emerge che la legge 260/1949 all’articolo 5 comma 3 sancisce che nel caso in cui la festività cada di domenica al lavoratore deve essere corrisposta la normale retribuzione giornaliera con l’aggiunta di un’ulteriore retribuzione equivalente all’aliquota giornaliera. Questa cita: “ai salariati retribuiti in misura fissa, che prestino la loro opera nelle suindicate festività – indicate nel precedente comma 1, tra le quali rientrava la festa del lavoro (1 maggio) – è dovuta, oltre la normale retribuzione globale di fatto giornaliera, compreso ogni elemento accessorio, la retribuzione per le ore di lavoro effettivamente prestate, con la maggiorazione per il lavoro festivo. Qualora la festività ricorra nel giorno di domenica, spetterà ai lavoratori stessi,oltre la normale retribuzione globale di fatto giornaliera, compreso ogni elemento accessorio, anche una ulteriore retribuzione corrispondente all’aliquota giornaliera”.
Tale disposizione è stata però resa inapplicabile per effetto:
- dell’art. 69, c. 1, del TUPI, il quale afferma che “…le norme generali e speciali del pubblico impiego, vigenti alla data del 13 gennaio 1994 e non abrogate, costituiscono, limitatamente agli istituti del rapporto di lavoro, la disciplina di cui all’art. 2, c. 2. Tali disposizioni sono inapplicabili a seguito della stipulazione dei contratti collettivi del quadriennio 1994-1997, in relazione ai soggetti e alle materie dagli stessi contemplati. Tali disposizioni cessano in ogni caso di produrre effetti dal momento della sottoscrizione, per ciascun ambito di riferimento, dei contratti collettivi del quadriennio 1998-2001”;
- dell’art. 1, c. 224, L. n. 266/2005, secondo il quale, tra le disposizioni riconosciute inapplicabili dall’art. 69, c. 1, del TUPI è ricompreso l’art. 5, c. 3, della L. 27 maggio 1949, n. 260, in materia di retribuzione nelle festività civili nazionali ricadenti di domenica”.
La Corte di Cassazione esprimendosi su tale dinamica ha riconosciuto come da diversi anni si sta assistendo ad una graduale equiparazione del pubblico impiego a quello privato. Dati questi presupposti sembra che la normativa “non contrasta con il principio di ragionevolezza «che ridonda nel divieto di introdurre ingiustificate disparità di trattamento», in considerazione della peculiarità del regime del rapporto di lavoro alle dipendenze delle pubbliche amministrazioni delineato dal d.lgs. n. 165 del 2001 e dai contratti collettivi ivi richiamati” (Sentenza n. 150/2015).
Sulla base di queste evidenze e di quanto dichiarato della Corte Costituzionale risulta possibile rilevare che, sebbene la contrarietà dei dipendenti pubblici, la festività ricadente con la domenica non dà diritto ad alcuna indennità né ad eventuali recuperi del giorno di riposo mancato.
Una situazione differente si denota nel momento in cui la festività cade di sabato non lavorativo, ovvero in un giorno in cui l’orario di lavoro è suddiviso nell’arco dei cinque giorni feriali, dal lunedì al venerdì. In tal caso il sabato viene considerato semplicemente un giorno non lavorativo, ma non festivo.
Alla base di questo trattamento vige una semplice motivazione: il lavoratore secondo il suo contratto non avrebbe comunque lavorato in questo giorno, quindi non gli spetta un ulteriore indennizzo. Dal punto di vista della legislazione italiana si rileva che il sabato non è mai considerato un giorno lavorativo, eccetto eccezioni e casi rari. Inoltre, bisogna sempre considerare le disposizioni del CCNL a cui l’attività della propria azienda fa capo.
La festività viene così retribuita:
- se cade in un giorno infrasettimanale è compresa nella normale retribuzione (se si tratta di un lavoro dal lunedì al venerdì) perché il lavoratore ha usufruito del giorno di festa,
- se cade di domenica viene pagata con un indennizzo,
- se cade di sabato è inclusa nel mese.

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