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Dimissioni e disoccupazione Guida 2024

Possibilità di avere Naspi in caso di dimissioni

Francesca Rizzi

Pubblicato il 25 February 2024

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Una domanda che molto spesso ci si tende a porre in caso di dimissioni è se si potrà avere la possibilità di godere del sussidio di disoccupazione.

Oggi la Nuova Assicurazione Sociale per l’Impiego rappresenta l’indennità di disoccupazione che l’INPS eroga mensilmente ai lavoratori e alle lavoratrici che perdono il lavoro involontariamente.

Sebbene apparentemente per accedere alla NASpI bisogna trovarsi in una condizione di perdita involontaria del lavoro, l’INPS nel messaggio 369/2018 esistono numerosi casi in cui è possibile accedere alla NASpI anche a seguito di dimissioni.All’interno di questo articolo andremo ad approfondire i casi in cui si può ottenere la Nuova Assicurazione Sociale per l’Impiego anche in caso di dimissioni.

NASpI, di cosa si tratta

Come visto sopra la NASpI è la Nuova Assicurazione Sociale per l’Impiego erogata mensilmente dall’Inps.Tra le persone che hanno diritto all’indennità troviamo anche:

  • gli apprendisti;
  • i soci lavoratori di cooperative con rapporto di lavoro subordinato con le medesime cooperative;
  • il personale artistico con rapporto di lavoro subordinato;
  • i dipendenti a tempo determinato delle pubbliche amministrazioni.

Le ultime modifiche in relazione alla platea di beneficiari sono quelle previste dalla Legge di Bilancio 2022 la quale ha previsto un ampliamento delle categorie di lavoratori che possono ottenere l’indennità. 

Inoltre dal 1° gennaio di quest’anno il trattamento spetterà anche ai giornalisti che dopo la riforma dell’INPGI passano alla gestione INPS, come sottolineato nel messaggio dell’Istituto n. 4579/2023.Si chiarisce che i lavoratori e le lavoratrici che intendono fare domanda devono rispettare i seguenti requisiti:

  • essere in uno stato di disoccupazione involontario (decreto legislativo 21 aprile 2000, n. 181, e successive modificazioni);
  • rientrare nel requisito contributivo, per cui il lavoratore deve poter far valere, nei quattro anni precedenti l’inizio del periodo di disoccupazione, almeno tredici settimane di contribuzione.

In merito alla NASpI risulta importante ricordare che a differenza delle vecchie disoccupazioni ordinaria e Aspi, non è più previsto il cosiddetto requisito di anzianità d’iscrizione il quale prevedeva che, al momento della cessazione del rapporto di lavoro, fossero trascorsi almeno due anni dal versamento del primo contributo contro la disoccupazione per poter accedere alla prestazione.

NASpI e dimissioni

Come anticipato all’inizio dell’articolo, grazie ad un messaggio dell’Inps risulta possibile accedere alla NASpI anche in caso di dimissioni.A tal fine esistono delle fattispecie ben definite perché, nel caso tradizionale, lo Stato di disoccupazione deve essere involontario tale per cui:

  1. se si lavora non si può prendere contemporaneamente la NASpI
  2. il lavoratore deve perdere il lavoro contro la sua volontà: quindi a seguito di licenziamento o fine contratto a tempo determinato. Ma anche per dimissioni per giusta causa, dimissioni nel periodo tutelato e altri casi come specificato in seguito.

Dati questi presupposti si chiarisce che l’accesso alla NASpI 2024 è consentito anche nei seguenti casi:

  • dimissioni per giusta causa, qualora le dimissioni non siano riconducibili alla libera scelta del lavoratore ma siano indotte da comportamenti altrui che implicano la condizione di improseguibilità del rapporto di lavoro;
  • dimissioni intervenute durante il periodo tutelato di maternità, ossia a partire da 300 giorni prima della data presunta del parto e fino al compimento del primo anno di vita del bambino;
  • dimissioni volontarie dopo aver usufruito del congedo di paternità obbligatorio entro un anno dalla nascita del figlio o della figlia;
  • risoluzione consensuale del rapporto di lavoro, purché sia intervenuta nell’ambito della procedura di conciliazione presso la direzione territoriale del lavoro (secondo le modalità di cui all’articolo 7, legge n. 604/1996 come sostituito dall’articolo 1, comma 40 della legge 92/2012);
  • risoluzione consensuale a seguito del rifiuto del lavoratore di trasferirsi presso altra sede della stessa azienda distante più di 50 chilometri dalla residenza del lavoratore e/o mediamente raggiungibile con i mezzi pubblici in 80 minuti o più;
  • licenziamento con accettazione dell’offerta di conciliazione;
  • licenziamento disciplinare.

Dimissioni per maternità 

La lavoratrice (e ora anche il lavoratore a partire dal 2023) può prendere la NASpI anche a seguito di dimissioni rese durante il periodo tutelato di maternità.In tal caso le dimissioni devono essere effettuate nel periodo che va dai 300 giorni prima della data presunta del parto fino al compimento del primo anno di vita del figlio per la madre oppure durante il congedo di paternità obbligatorio o alternativo e fino al primo anno di età del bambino per il padre lavoratore.

Dimissioni durante il periodo di sospensione della disoccupazione

Il lavoratore ha il diritto a riprendere la NASpI nel caso in cui questa è sospesa, ma il rapporto di lavoro dura meno di 6 mesi, a prescindere se questo termina con le dimissioni anche volontarie del lavoratore.

In tal caso al termine del rapporto di lavoro l’INPS torna a pagare d’ufficio la NASpI dal punto in cui si era interrotta.

Anche a seguito di dimissioni volontarie in caso di NASpI sospesa si potrà ricominciare a percepire la disoccupazione.Si ravvisa che durante il lavoro a termine non è possibile dare le dimissioni se non:

  • per giusta causa
  • e durante il periodo di prova

Nel caso di dimissioni volontarie senza giusta causa, ove la disoccupazione non era sospesa, NON si potrà fare una nuova domanda di NASpI.

Dimissioni per giusta causa

L’INPS con la Circolare 94/2015 ha chiarito a titolo esemplificativo dei casi in cui il lavoratore può licenziarsi dal lavoro per giusta causa senza perdere il diritto alla disoccupazione.Rientrano in questa fattispecie i casi in cui il lavoratore si trova a dover dare le dimissioni per motivi che non sono riconducibili alla libera scelta del lavoratore; ma siano indotte da comportamenti altrui, idonei ad integrare la condizione di improseguibilità del rapporto di lavoro.La giurisprudenza nel corso degli anni ha riconosciuto le dimissioni per giusta causa per i seguenti casi:

  • mancato pagamento della retribuzione;
  • aver subito molestie sessuali nei luoghi di lavoro;
  • modificazioni peggiorative delle mansioni lavorative;
  • mobbing, intendendosi per tale la lesione dell’equilibrio psico-fisico del lavoratore, a causa di comportamenti vessatori da parte dei superiori gerarchici o dei colleghi (per tutte, Corte di Cassazione, sentenza n. 143/2000);
  • notevoli variazioni delle condizioni di lavoro a seguito di cessione dell’azienda (Corte di Giustizia Europea, sentenza del 24 gennaio 2002);
  • spostamento del lavoratore da una sede aziendale ad un’altra, senza che sussistano le “comprovate ragioni tecniche, organizzative e produttive” (Corte di Cassazione, sentenza n. 1074/1999).
  • comportamento ingiurioso posto in essere dal superiore gerarchico nei confronti del dipendente (Corte di Cassazione, sentenza n. 5977/1985).

Dimissioni e mancato diritto alla disoccupazione 

Si chiarisce che esistono dei casi in cui non è possibile avere diritto alla disoccupazione a seguito delle dimissioni, ovvero:

  • dimissioni per matrimonio
  • dimissioni nel periodo di prova 
  • risoluzione consensuale

Si ravvisa però che ci sono dei casi di risoluzione consensuale in cui si potrà accedere alla NASpI dopo:

  • la risoluzione consensuale nell’ambito della procedura conciliativa presso la Direzione Territoriale del Lavoro art. 7 L. n. 604 del 1966, come sostituito dalla Legge 28 giugno 2012 n.92;
  • il licenziamento con accettazione dell’offerta di conciliazione di cui D. Lgs n. 23 del 2015, proposta dal datore di lavoro entro i termini di impugnazione stragiudiziale del licenziamento (ex art. 6 della legge n.604 del 1966);
  • la risoluzione consensuale intervenuta a seguito del rifiuto del lavoratore al proprio trasferimento ad altra sede della stessa azienda distante oltre 50 km dalla residenza del lavoratore e/o mediamente raggiungibile in 80 minuti o oltre con i mezzi di trasporto pubblici.
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